SU CIO’ CHE PUO’ VOLARE di Maria Vittoria Pinotti
Estratto del testo della mostra “Life Is But a day”
“…nelle pitture della Zadi, la realtà viene costruita interamente daccapo attraverso la connessione di precisi elementi figurativi, quali alberi, piante, campi e profili di colline. Ed anche se tali soggetti si presentano disgiunti, poiché privi di un elemento narrativo che li unisce, rimangono pur sempre legati da una proporzionata sovrapposizione equilibratamente composta. Inoltre, la figura umana che compare nelle opere, vive lo spazio come uno spettro in quanto muta e distante assume le sembianze di un labile e sfocato ricordo acquisendo la fisicità attraverso docili movenze. Tali azioni avvengono in ambienti ricchi di elementi vegetali cari all’artista, di cui il suo studio, nella campagna toscana ne è circondato, ed ecco i fiori di zinna, il cardo e il raro giglio rosso. Così, la totalità del naturale, composta dall’atmosfera del cielo, dalla vivacità generale dei fiori e dagli aloni sugli sfondi, tipici delle bruciature di un incendio, regolano e calibrano al meglio lo spazio complessivo dell’opera. Tutto questo accade attraverso una drastica e riduttiva scelta coloristica che racchiude la storia di una intera ricerca pittorica nell’unica tonalità del pigmento turchese, che miscelato alla colla di coniglio, acquisisce una particolare brillantezza. Tuttavia, in Zadi emerge un’altra questione ancora, il particolare rapporto tra figura e paesaggio e la sua percezione, per cui l’occhio non è una macchina da presa, ma tutto ciò che vede lo costruisce istantaneamente attraverso diversi strati figurativi che si sovrappongono e alternano armoniosamente. Difatti, paesaggio e figura si contengono relazionandosi in uno spazio artificiale pacatamente sublime, mai malinconico, fortemente vitale, sì da pensare che quanto dipinto emerga all’artista in assenza di regole precostituite, bensì attraverso un processo immaginativo legato a una pura e personale intuitività. In questo modo, lo spazio mentale della Zadi schiude a qualcosa di più profondo e certamente autobiografico, che la vede lavorare in un volontario e sereno isolamento, lontano dalla città e in aperta montagna. Infatti, dalle sue opere traspare un riflesso di ciò che Zadi vive quotidianamente poco lontano dal suo studio, laddove si susseguono libere visioni della natura, con serpenti urobòro che ondeggiano nella foresta, arbusti vegetali che crescono secondo un logico e necessario disordine, con il fuoco che accarezza senza mai scottare la pelle umana, in un quadro d’insieme tanto mistico quanto archetipo, liberamente a dismisura d’uomo.”