imprescindibile per sentire il preciso stato d’animo con cui affrontare quella tela ogni giorno diversa che si chiama esistere. Espressione di un’acuta volontà d’analisi, che sa addentrarsi nei meandri più profondi della sua psiche, il gesto del dipingere la rende forte, essendo come una preghiera, un rituale da compiersi ogni giorno, in silenzio, per mettersi in pace con la propria interiorità. Dipingere è il modo più alto di interrogarsi sul mondo, significa porsi inevitabilmente davanti a se stessa, implacabilmente, mossa dal bisogno profondo di guardarsi fuori per capirsi dentro, per scoprire cosa vuole, cosa desidera, cosa pensa, quale segreto si nasconde a quella confessione che di lì a poco sarà la pittura. Marco Palamidessi
I volti si fronteggiano nella loro ieraticità che rimanda alla fissità dell'icona se non fosse per la forte connotazione espressiva e introspettiva che determina un senso esistenziale proprio dell'essere umano e in particolare della sfera femminile che la Zadi riesce sapientemente a far permeare con i suoi ritratti. Quegli occhi ci guardano con determinazione, con coinvolgimento, ci guardano come per desiderio di essere a sua volta guardati, visti, nella loro Verità. In questi sguardi probabilmente la Zadi si mette a nudo, rivelando attraverso questi occhi dipinti, la sua anima, che chiama e si mostra allo spettatore. Con coraggio si mettono in gioco e ci rivelano un seppur parziale e fuggevole scorcio dello spirito dell'artista che grazie alla sua opera si è suggellato nella tela, in questi volti.
La serie di autoritratti sulla Melancholia, nasce dall'esigenza, quasi quotidiana, di indagare sulla mia persona. Il titolo si ispira all'omonima opera di Durer in cui la malinconia è vista come uno stato emotivo particolare che favorisce il pensiero introspettivo, una condizione crativa saturnina, propria del fare artistico. Questi autoritratti sono stati fatti tutti dal vero con l'ausilio di uno specchio. Il mio volto riflesso allo specchio posto accanto alla tela, ha fatto sì che questa potesse diventare il canovaccio diretto in cui ho potuto registrare le forme e le pulsioni del momento. Un modo di mettermi in discussione, di guardarmi dentro, senza preconcetti o idee prestabilite, ma solo con la voglia di scoprire realmente il mio corpo e come questo si manifesta attraverso le sembianze del mio volto nelle sue pulsioni sempre diverse.