La performance è pensata come un rituale iniziatico-purificatore che metterà in relazione un elemento naturale, un albero di olivo, con il corpo dell’artista. Colori, forme e azioni si susseguiranno in una mutevolezza di accadimenti simbolici e simbiotici fra la donna e l’albero, a cui il pubblico sarà invitato a partecipale dispiegando dei cartigli-xilografie contenenti messaggi che assumeranno la ritualità del dono intesa come gesto d’offerta.
“Pensiero-Azione-Destino” trae ispirazione dall’omonimo testo di Marco Ferrini, filosofo e direttore del Centro Studi Bhaktivedanta di Pisa. In questo saggio viene rivendicato l’importanza e la potenza del pensiero come azione primaria del nostro essere e della nostra volontà sul realizzarsi del destino.
La performance è vissuta come un momento determinante e catartico della volontà spirituale ed artistica di Elisa Zadi. L’artista mette in discussione sé stessa in un’opera dove arte e vita si fondono e in cui le azioni dell’una determinano e stabiliscono l’esistenza dell’altra. Nel presente in cui si realizza la performance si stabiliscono i principi del proprio futuro. Le azioni performative determinano le scelte prese dalla Zadi che si manifestano attraverso atti compiuti in un preciso momento, hic et nunc, e che generano azioni-rituali che andranno a stabilire il principio del proprio essere e l’avverarsi del proprio destino.
La scena si apre intorno a un albero di olivo. Gli elementi coinvolti trasmettono una sensazione misurata e simmetrica, armonizzata nell’ambiente per colori e posizioni che conferiscono una struttura determinante ed essenziale. L’albero, l’acqua, la terra, il vento, il canto sono elementi che partecipano attivamente alle azioni, creando suggestioni dal riverbero arcaico che riconducono alla forza di un legame fra l’uomo e la natura, in cui la compartecipazione si fa profonda e iniziatica.
La forte motivazione ideologica che spinge Elisa Zadi a confrontarsi e mettersi in discussione in una poliedricità di linguaggi espressivi, dalla pittura, all’installazione, alla performance, non esclude mai l’importanza che l’operare pratico e la resa estetica rivestono nel suo modus operandi. L’artista ha realizzato personalmente gli abiti indossati durante la performance, sia nella modellistica che nella tintura dei tessuti, in modo da “innestare” nell’opera fin dalla sua genesi le modalità del rituale, in cui ogni gesto ha una valenza simbolica. I pigmenti, normalmente usati nei colori con cui la Zadi dipinge, diventano qui il principio colorante dei tessuti e la chiave catartica di svolta tra il sangue e il dolore, rappresentati dal rosso, e la nuova vita, rappresentata dal bianco e dalla trasparenza dell’acqua limpida.
Come molte delle opere performative della Zadi, anche “Pensiero-Azione-Destino” si avvale della partecipazione del pubblico. Spiega Elisa Zadi: “Ho iniziato a desiderare fortemente che il pubblico diventasse parte attiva delle mie opere, non volevo più che fosse solo spettatore. Ho voluto coinvolgerlo in modo che divenisse parte viva e completasse il senso del mio operare in una comunione che ha il potere della condivisione e della con-passione”. “Queste opere”, prosegue, “si compiono soltanto con la partecipazione del pubblico: solo così sento che l’opera può concludersi veramente”.
La performance “Pensiero-Azione-Destino” di Elisa Zadi rivela la sacralità e la ritualità insite nel quotidiano attraverso la valenza simbolica altissima e la ieraticità che caratterizza tutta la sua opera, dai ritratti dai volti severi e alteri, alle movenze lente e riflessive delle sue azioni performative.
Le figure e i gesti si fanno essenziali, i corpi e gli oggetti coinvolti diventano essenze, simboli per figurare entità assolute.
Elisa Zadi attinge a piene mani dalla tradizione antica e popolare da una parte e dall’eredità della figurazione pittorica del passato dall’altra. Ritroviamo Velasquez, a cui dedica, per il Museo Pecci di Prato, una riattualizzazione de “Las Meninas”, e Piero della Francesca, i cui affreschi delle “Storie della Vera Croce” ad Arezzo sembrano aver lasciato traccia nelle opere dell’artista, che nella città toscana ha studiato Moda e Costume Teatrale prima di specializzarsi in Arte Sacra all’Università Europea di Roma: due discipline di cui fa tesoro nella sua arte.
Le influenze pierfrancescane sono evidenti nell’opera della Zadi non solo nella personalizzazione e riattualizzazione delle opere del Maestro, come per l’opera installativo-performativa “Blu Guado” ispirata alla Madonna del Parto conservata a Monterchi, ma anche e soprattutto nella visione frammentata e poi ricomposta tipica dei suoi lavori. Se in Piero della Francesca questa visione era riservata ai paesaggi retrostanti le rappresentazioni principali, nella Zadi la visione porzionata è cifra stilistica costante di tutto il lavoro, dagli autoritratti parziali, in cui l’artista accetta di mettersi a nudo con l’onestà di un’anima alla ricerca di sé stessa, mostrando una verità che si rivela solo a tratti, ai polittici costituiti da frammenti di materiali differenti, unificati a posteriori dallo sguardo dello spettatore. Ed è grazie allo spettatore, in un meccanismo simile a quello della psicologia della Gestalt, che la frammentarietà si risolve in un’unità concettuale e metaforica.
Il fruitore nella performance riveste ancora maggiormente il ruolo di principio unificatore: tra diverse azioni, gesti e oggetti egli ritrova lentamente quel significato che a mano a mano gli si fa manifesto. E non a caso allo spettatore di “Pensiero-Azione-Destino” viene lasciato un cartiglio con un messaggio simbolico da decifrare, che lo accompagnerà nel suo percorso futuro come un auspicio.
Le performance della Zadi sono costituire da gesti semplici e fortemente simbolici. Riscopriamo in “Pensiero-Azione-Destino” il legame fondamentale tra uomo e natura, e quello più specifico tra arte e vita. Ogni azione pensata e poi realizzata si risolve nel destino che in quell’azione era già presente in nuce. Un’azione rigenerativa agricola come il taglio del ramo di un albero viene qui riproposta in arte e personificata dal taglio di una ciocca di capelli dell’artista. La donna si fa albero e nuovo inizio in quella parte di sé che muore per dar origine a nuova vita, in un percorso in cui, per arrivare alla gioia, si passa necessariamente dal dolore. E il pubblico viene teatralmente, ritualmente e catarticamente reso partecipe del processo.
Non a caso i colori usati negli abiti della Zadi sono i fondamentali in ogni fase generativa: il verde vegetale, da cui la performance ha inizio, il bianco, il rosso e il nero. Il taglio è simboleggiato dal rosso del sangue, la nuova vita dal chiaro dell’acqua che purifica e rigenera. La nera terra che accoglie sia il ramo sia la ciocca di capelli sepolti si fa tomba e terreno di semina insieme, siglando un patto tra la fine e l’inizio, la morte e la vita.
Barbagianna, 09 settembre 20171, Pontassieve (FI)