L’installazione pittorica, curata da Marco Palamidessi e voluta da Greta Beccaglia, si presenta come un percorso performativo in cui ogni spettatore è chiamato a partecipare interagendo direttamente con l’opera. Quest’ultima, dedicata al capolavoro “Las Meninas” di Diego Velázquez, mostra la figura centrale dell’Enfanta Margherita ricostruita tridimensionalmente attraverso il suo abito, che viene posto fisicamente di fronte al suo doppio mediante uno specchio immaginario, una porta simbolica e idealmente spazio temporale che il pubblico è invitato ad attraversare in un percorso coinvolgente e suggestivo. L’Enfanta si rivela attraverso la sua presenza-assenza, intuita dalla volumetria dell’elegante vestito, ricavato a partire dalle esatte proporzioni del dipinto del Prado e cucito in quella stessa tela che Elisa Zadi usa sapientemente come supporto grezzo in numerose opere. Qui vengono rappresentati i personaggi femminili principali del capolavoro di Velázquez, l’Infanta e le due damigelle, in compagnia del docile mastino spagnolo. Queste figure, rigorosamente dipinte ad olio, appaiono dal fondo della tela grezza come presenze eteree, come particolari corporei che emergono da una dimensione altra, senza spazio nè tempo, manifestando le loro mute e sospese dinamiche, instaurando fra loro un intenso quanto misterioso colloquio. Nell’installazione, tale opera si raffronta con il suo omologo, un vestito delle stesse fattezze che invece di accogliere nella trama la pittura è ora ricoperto di messaggi sotto forma di piccoli cartigli applicati, che lo costellano in tutto il suo volume, mascherandone l’originale e verginale colore. Fra queste due presenze-abito è collocata una cornice che simula uno specchio: in successione, come in una sorta di pellegrinaggio, gli spettatori potranno avvicinarsi e compiere uno ad uno il passaggio dentro “lo specchio” invisibile, attraversando uno “stargate” che li condurrà al confronto inevitabile con queste figure. Ogni partecipante toglierà, uno dei messaggi applicati, e così in successione tutti gli altri, spogliando pian piano il volume del vestito fino a rivelarlo in tutta la sua essenza, manifestando così la sua pura e intatta verità. L’opera viene “spogliata” delle parole e dei concetti scritti, come un albero che rinuncia ai suoi frutti per donarli al mondo, che andranno ad arricchire chi raccoglierà il messaggio-seme, che a sua volta potrà germogliare come nuova esperienza. Nei messaggi saranno contenuti pensieri e frasi di Valdemaro Beccaglia, storico presidente del Museo Pecci scomparso prematuramente nel 2012: è come se per mezzo di “Cara Enfanta” la sua anima ci parlasse ancora, incitandoci a guardare al futuro con lungimiranza, tenacia e, naturalmente, con l’immancabile entusiasmo.
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