Esistenze che lasciano intravedere i margini: piccoli vuoti, delicate ferite, spazi di mancanza che diventano zone vive di interrogazione. Un atto che parla di delicatezza, ma anche di forza ostinata. Di pause luminose che permettono di vedere meglio ciò che normalmente scivola via. Queste opere sono un invito a sostare, a lasciarsi toccare da ciò che non si compone del tutto, da ciò che resta in attesa di un nome, da ciò che domanda di essere guardato senza giudizio. Perché è proprio lì, nel punto esatto in cui qualcosa manca, che la luce si posa con più intensità, in cui germoglia una nuova forma di senso.