Per realizzare questa opera Elisa Zadi si avvale della simbologia dell'Albero Sacro, Albero del Bene e del Male o Albero degli Antenati.
In vari periodi storici sono numerosi gli esempi e le culture che hanno utilizzato l'iconografia dell'albero, soprattutto in ambito religioso. Scegliendo questo tema Elisa pone subito un forte contrasto fra l'Albero Sacro, inalienabile immagine simbolica, e il dramma delle morti sul lavoro nominate "morti bianche". E' come se la Zadi con la sua opera volesse restituire dignità a tutte queste morti di innocenti, riscattandole simbolicamente con questa sua opera e innalzandole ad un'immagine che le fissa nella sacralità iconica dell'Albero.
La Zadi ci propone la sagoma pregnante di una quercia che al posto delle foglie presenta messaggi scritti (carigli) su cui sono riportate alcune vicende o in cui sono rappresentati su stampa monotipo, nomi, volti, immagini, fiori e foglie... Il suo Albero si popola di presenze ancestrali che vogliono sfidare il tempo con rivelazioni iconiche e ricordarci, non solo alcune persone in maniera nominale, ma che ognuno di noi è potenzialmente una vittima, poichè il sistema stesso si presenta come fallimentare. Infatti le statistiche delle vittime sul lavoro sono angoscianti e continue nel tempo, tanto che non sembra nemmeno appropriato chiamarle "morti bianche" in quanto di innocente non hanno niente e che invece la violenza e il dramma è quello che purtroppo le accompagna, sempre.
La stessa Zadi dice: "Era per me impossibile rappresentare tutte le persone che hanno perso la vita sul lavoro, anche solo nell'ultimo anno... Per questo ho deciso di rendere omaggio simbolicamente a tutti con un'opera che potesse coinvolgere le varie tipicità e le consacrasse suggellandole nell'iconografia dell'Albero Sacro".
Per realizzare questa opera l'artista confessa una grande difficoltà dovuta da un disagio morale che ha allungato notevolmente i tempi di esecuzione del lavoro. La Zadi sceglie volutamente una tecnica che si avvicina all'artigianato perchè vuole dedicarsi quanto più possibile ad un lavoro metodico e manuale (in questo caso il cucito), che nel suo ripetersi meccanico possa ricordare il lavoro a catena di montaggio, ma anche un rituale, che giorno dopo giorno si costruisce con pazienza nell'idea e tessa pian piano nel consolidamento dell'opera.
In tutti questi punti cuciti Zadi vuole idealmente ricordare ogni vittima, ogni punto che buca la tela diventa simbolo di una ferita sul corpo e il lavoro si costruisce, con accuratezza spietata, con lungo ritmo che si ripete nell'esecuzione. La gamma cromatica si riduce ai bianchi, neri e neutri dei bejge e ocra con l'intento di far risaltare l'essenza del disegno e del senso di dramma che si vuole comunicare.